Con il termine di Monferrato si indica convenzionalmente la regione geografica compresa tra il corso del fiume Po a nord, dall’Appennino ligure a sud e dalle pianure del Cuneese e dell’Alessandrino rispettivamente a occidente e ad oriente.
In realtà, dare una delimitazione precisa e assoluta a questa zona non è possibile, tenuto conto delle innumerevoli trasformazioni geopolitiche cui il Monferrato è andato incontro durante più di dieci secoli di storia.
La prima volta che il toponimo comparve scritto fu nel 713, in un documento attribuito al re longobardo Liutprando, ma gli studiosi hanno dimostrato come la carta sia un clamoroso falso.
L’attestazione certa più antica risale perciò “solo” agli inizi del X secolo: il 23 giugno dell’anno 909 re Berengario I confermava i beni donati al monastero pavese di San Giovanni e così facendo nominava certi possedimenti situati “in Monteferrato”.
Poi le citazioni si fanno più frequenti, secondo parecchie varianti del toponimo, tra cui “in Montefarrato”, “in Monte Pharato”, che fece ritenere il termine collegato all’abbondanza di farro sulle colline monferrine.
Per distinguere tra loro le diverse zone di un territorio così vasto, nel Seicento si parlava di Monferrato superiore (le terre verso il Po) e Monferrato inferiore (le terre verso l’Appennino).
L’antico Marchesato Aleramico si era infatti spezzettato amministrativamente, suddividendosi in due tronconi, separati dall’Astigiano e uniti solo da una sottile e precaria lingua di terra nei pressi del Tanaro.
I cartografi francesi del Settecento coniarono i termini Haut Montferrat e Bas Montferrat per indicare rispettivamente la parte settentrionale e meridionale della regione, a seconda di come sono disposte sulle carte topografiche.
I cartografi sabaudi, invece, ribaltarono la situazione: dalla prima metà del secolo XVIII, quando Vittorio Amedeo II prese possesso di questa gloriosa regione che veniva così a perdere la sua autonomia, la zona meridionale prossima agli Appennini divenne l’Alto Monferrato, quella compresa tra Tanaro e Po il Basso Monferrato.
Così facendo si era seguito un criterio basato sull’altimetria: l’Acquese presentava località poste più in alto rispetto al Casalese, più pianeggiante e, tutt’al più, bassocollinare. Negli atti ufficiali emanati dai Savoia compare anche la distinzione in Monferrato di qua dal Tanaro e di la dal Tanaro.
Per tutto il Settecento e metà dell’Ottocento (tranne la parentesi napoleonica) i nuovi possedimenti sabaudi furono suddivisi amministrativamente in due Province con capoluogo Casale (Basso Monferrato) e Acqui Terme (Alto Monferrato).
L’antica Provincia di Casale contava alla metà del XIX secolo 73 comuni e 19 mila abitanti. Nel 1860, per la necessità di riformare l’organizzazione amministrativa del Regno di Sardegna che si apprestava a diventare Regno d’Italia, le antiche Province, così ricche di tradizioni autonomistiche, vennero soppresse e inglobate nella nuova, grandissima, Provincia di Alessandria, e ridotte al rango di Circondari. Alcuni Comuni passarono in seguito alle Province di Vercelli (1926) e Asti (1935), pochi altri a quella di Torino.
Oggi lo stemma araldico della Provincia di Alessandria reca, tra le sue suddivisioni, anche le armi di Casale (i colori aleramici e paleologi con al centro la rotella con la sigla di San Bernardino) e Acqui (l’aquila che tiene una lepre tra gli artigli), a ricordo di quelle realtà storico-amministrative ormai assorbite nell’unico ente territoriale.
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