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Storia di Ovada e dell'Ovadese




 

Vada - Vadum - Guà - Uvadae - Uvada
Con questi diversi e svariati nomi, dalla remota antichità ad oggi, venne designata la città di Ovada e, ora con l'uno, ora con l'altro, la troviamo citata in molti documenti di epoche diverse.
Lo stesso nostro dialetto dice: "Uà" - derivazione certa del medioevale "Guà" - che può intendersi per "Guado"; ed è forse questa l'interpretazione più naturale, che d'altronde molti storici confermano, per giustificare l'ipotesi che in questi luoghi, in tempi remoti, si trovassero dei guadi obbligati.
Il nome di " Vada " per Ovada, ricorre la prima volta nelle lettere di Decimo Bruto a Cicerone, là dove dice che Marco Antonio, da lui sconfitto a Modena (43 a.c.) ed inseguito, a "Vada" erasi ridotto e rafforzato di nuove milizie: ".... ad Vada inter Apenninum et Alpes, locus impeditissimus ad iter faciendum... ".
Gli impedimenti di cui parla il Console romano - sempre che per "Vada " possa intendersi la città di Ovada - erano probabilmente le foltissime selve che allora coprivano le pendici dei monti e le due vallate dell'Orba e dello Stura, nonché le paludi e gli stagni che erano formati dai frequenti corsi d'acqua.
Un'altra citazione latina dello storico Ferrari ci precisa: " ... Vadum, oppidulum medium inter Genuam et Aquas Statiellas ad XXIX M.P. - Guà - vulgo, emporium frumenti...".
Se la prima citazione può forse lasciarci un pochettino scettici nel riconoscere la nostra Ovada nella " Vada " delle lettere consolari, la seconda, non vi è dubbio, ci convince completamente perché il riferimento geografico è quanto mai preciso ed inequivocabile sia sulla posizione, quanto sulla distanza che intercorre tra le due Città, come, in ultima analisi, nella precisazione etimologica posta ben chiara tra due virgole: Guà - vulgo, - (che intende chiaro; volgarmente chiamata Guà) e che per gli Ovadesi dice più di tutto.

 

 

D'altra parte, qualsiasi ovadese che abbia visitato i Musei Vaticani in Roma, non può aver mancato di notare, nella Galleria delle antiche carte geografiche, ben segnato, su quella raffigurante la Liguria e il Piemonte, il piccolo borgo e castello di "Guà", al termine del versante nord dell'Appennino tra Genova ed Acqui.
Indipendentemente da tutto ciò, con tutta probabilità Ovada nell'epoca romana era un piccolo borgo di popoli liguri posto in zona di passaggio e di guado, che poteva benissimo servire come tappa obbligata alle legioni romane in transito. Un esempio consimile, ma con più certi riferimenti e vestigia storiche, lo abbiamo nelle vicine Libarna e Rondinaria. Pertanto essa, con la caduta dell'Impero Romano, decadde e non andò certamente immune dalle innumerevoli invasioni barbariche che devastarono e rasero al suolo tutti i paesi della Val d'Orba; e se si pensa che non viene più ricordata per ben sei o sette secoli (con precisione fino all'anno 967), si può ben immaginare quanto poco sia stata risparmiata dalla furia delle orde, prima barbariche e poi saracene che, spingendosi queste ultime dal mare fino oltre Acqui e Tortona, distrussero tutto quel poco che ancora poteva essere rimasto.
Certamente il territorio ovadese, in quei tempi oscuri, fu incorporato nei possedimenti dei Monasteri che numerosi erano stati fondati dai Longobardi e dai Carolingi; i quali Monasteri cominciavano con la cultura, con la religione e con la virtù a far rifiorire il paese che già altre volte era stato desolato dalle invasioni dei barbari e dei saraceni.
Eredi dei numerosi latifondi dei monasteri - in parte distrutti o decaduti poi anch'essi - furono i Vescovadi e i Marchesati; e Ovada che con molti altri paesi aveva già appartenuto alla Abbazia di Giusvalla, pervenne con gli altri beni di quella al Vescovado Milanese e da questo, per permuta, agli Aleramici.
E' appunto del 967 (anno di fondazione del Marchesato Aleramico di Monferrato), la donazione da parte di Ottone I al Marchese Aleramo di una villa ("Gruaglia") in territorio di Ovada.
Nel 991 il figlio di Aleramo, Anselmo, fondando il Monastero di San Quintino in Spigno, gli sottomette tutto quanto era da lui posseduto nel territorio di "Ovaga in comitato Aquensi". Quest' atto è la prima carta ufficiale in cui viene citato il nome di Ovada e viene ritenuto da alcuni storici l'atto di nascita della città; pertanto, anche se di origini più antiche, Ovada ha oggi ufficialmente 1016 anni di vita.
Confusisi poi i confini delle Signorie feudali, Ovada passò dagli Aleramici ai Marchesi di Gavi e da questi, nuovamente, al ramo aleramico dei Marchesi di Bosco. Infine, dopo altri passaggi tra l'uno e l'altro dei grandi feudatari e svariate cessioni e conquiste, pervenne ai Malaspina che, nella seconda metà del secolo XIII, la cedettero definitivamente, in parte per permuta e in parte per vendita, alla Repubblica di Genova.
E' certo che già sotto gli Aleramici il borgo aveva corte e castello; possedeva statuti, privilegi, franchigie sue e si reggeva per consoli; condizioni queste che non possono risalire anteriormente alla signoria aleramica stessa. Possedeva già la Parrocchiale di S. Sebastiano che dal suo stile stesso, romanico di costruzione, dimostra che la sua erezione è di quel tempo. La tradizione popolare che dice vi abbia predicato S. Ambrogio, Vescovo di Milano, durante un suo viaggio in Liguria conferma l'ipotesi ed è stata confermata dal ritrovamento, all'interno della stessa chiesa, di un affresco raffigurante, appunto, Sant'Ambrogio.
Il passaggio a Genova risale alla seconda metà del secolo XIII. Avvenne per vendita fatta a diverse riprese dai suoi feudatari; e i cittadini del borgo devono certamente avere avuto la loro buona parte nel fare pressione sui vicini reggitori della Serenissima, affinche' ciò avvenisse. La Signoria stessa feudale che aveva permesso agli ovadesi di reggersi con statuti proprii, non poté impedire che si scegliessero essi stessi liberamente un'altra signoria, che forse dava al borgo un maggiore affidamento di benessere, di tranquillità e di protezione.
E'appurato che gli statuti e i privilegi che già godeva vennero conservati dai genovesi a Ovada mediante convenzioni e conferme posteriori.
Ovada era un territorio fertilissimo vicino a Genova, dove quest'ultima poteva provvedersi abbondantemente; il commercio si avvicendava tra la Liguria, il Piemonte e la Lombardia, passando per strade note in territorio amico; il borgo con il suo potente castello ed in posizione strategicamente perfetta era un centro di difesa avanzato e fedele che, all'occorrenza, poteva fermare i nemici della Repubblica e ritardarne la penetrazione nel suo territorio.
Ma non sempre le cose andarono liscie e vi furono vertenze e liti innumerevoli finché, per fatti più gravi, si addivenne ad una convenzione per gli Statuti di Ovada che porta la data del 1447 (uno stralcio di tale atto è inserito per sunto negli Statuti ovadesi trascritti in anni seguenti). In tale accordo Ovada, per mezzo dei suoi rappresentanti, si diede spontaneamente quale suddita alla Repubblica, sulla base di alcuni capitoli di pace che le erano favorevoli, confermandosi tra l'altro tutti i suoi antichi diritti, ossia statuti, usi, privilegi, consuetudini, franchigie ed immunità.
Tale atto pare non sia stato più violato per un lungo periodo di tempo ed i privilegi di Ovada rispettati fino al 1621, anno nel quale cessarono per evoluzione naturale dei tempi, ed in modo onorevole per Ovada, tutti quei privilegi ed immunità che essa aveva goduto per secoli e la cui origine si perdeva nell'oscurità dei tempi.
Verso la seconda metà del 1400, in seguito alla guerra tra la Repubblica di Genova ed il Ducato di Milano, Ovada si trova per qualche tempo sottomessa alla Signoria dei Trotti, per conto del Duca di Milano. In quel periodo la città viene di molto ampliata, si inizia la costruzione della chiesa e del convento dei Domenicani, viene ampliata e dotata di campanile la chiesa parrocchiale e vengono ulteriormente rinforzati il castello e le mura.
Nel 1488 Ovada viene passata in feudo ai fratelli Agostino e Giovanni Adorno, che la tengono fino al 1499, quando il Re di Francia Luigi XII la ripassa ai Trotti, che la manterranno fino al 1528.
In questo periodo le attività della città sono molto limitate. Non esiste ancora l'agricoltura, se non in piccoli appezzamenti circostanti il borgo, ove vengono coltivati ortaggi, biade, frutta e pochissimo vino. Le colline sono ricoperte di boschi e selve per lo più impenetrabili ma dalle quali si trae un notevole quantitativo di castagne, che fino agli albori del 1800 costituiranno una delle più importanti voci nell' alimentazione ovadese. I pochi sentieri che attraversano queste selve sono poco raccomandabili ed infestati di bande di predoni. Nel borgo fioriscono le attività artigianali, dovute per lo più allo stazionamento delle guarnigioni nel castello. Tra queste si hanno i carrettieri, i calzolai, i bottai, i sellai, ecc...
Nel 1508 viene aperta al culto la chiesa dei Domenicani e l' annesso convento. Vent'anni dopo, avendo i feudatari dimostrato notevole ferocia nel governo della città, si verificano moti di piazza. I feudatari imprigionano ed uccidono diversi capi fazione del popolo. Di fronte a tanta ferocia, la Repubblica di Genova, che da sempre mirava a rientrare in possesso di Ovada, invia truppe capeggiate da Bartolomeo Spinola che riconquistano la città.

 

Nel 1594 San Giacinto viene proclamato Patrono della Città.

 

 

Nei sei secoli circa di influenza genovese, il borgo rifiorì pian piano, si ingrandì, si ornò di belle Chiese, ebbe un commercio molto attivo e fiorente. Subito dopo la cessione venne rinforzato e rinnovato il castello ed il borgo iniziò subito ad espandersi. Famiglie cospicue e potenti genovesi vi costruirono i loro palazzi, le loro ville in collina, concorsero all'edificazione di Chiese e di case. Sorsero Confraternite di ispirazione tutta ligure che avevano, oltre i compiti di carattere prettamente religioso, anche il preciso scopo sociale dell'assistenza, della misericordia e del mutuo soccorso. Gli usi, i costumi, le consuetudini, la stessa parlata del volgo si affinò e si rispecchiò nell'ambiente genovese ed ancor oggi gli Ovadesi si sentono, per usi, tradizione, costumi e dialetto, più liguri che piemontesi.
Ovada, in quel tempo, non andò certamente immune dalle numerose calamità che afflissero in quei secoli buona parte d'italia. Posta in una fiorente zona di facile transito, subì sempre le vessazioni di quei Capitani di ventura che, con i loro eserciti, vi transitavano per le innumerevoli guerre. Fu decimata nel 1348 da una tremenda pestilenza (quella ricordata dal Boccaccio) che lasciò il borgo praticamente spopolato. Soffrì di una spaventosa carestia nel 1625 e, sei anni dopo, nel 1631, un'altra epidemia di peste fece gran numero di vittime.
Anni veramente difficili furono poi quelli che precedettero il periodo napoleonico.
Dal 1791 Ovada vede scorrere il tumultuoso periodo della Rivoluzione Francese e dell' Epopea Napoleonica. E' un periodo duro ma nel contempo esaltante. Dalla Repubblica Democratica Ligure fino alla dominazione napoleonica, Ovada passa attraverso vicende ora tragiche ora eccezionalmente importanti per la sua evoluzione. E' un continuo cambio di scena che, accanto agli aspetti tragici porta con sé anche quella ventata di nuovo e di progresso che la Rivoluzione Francese prima e Napoleone Buonaparte poi faranno spirare su tutta l' Europa. E' sotto il dominio napoleonico che in Ovada vengono studiati i progetti per nuove strade, per nuove opere pubbliche, ponti, argini, costruzioni, palazzi; è in questo periodo che viene redatto il primo catasto ufficiale (e terribilmente preciso!) di tutti gli edifici e di tutti i territori della città; è in questo periodo che viene redatto il primo progetto per quella via di comunicazione che, sebbene necessaria, non era mai stata realizzata prima: una strada che colleghi direttamente Ovada con Genova. Ma è anche di questo periodo la soppressione degli Ordini Ecclesiastici, con conseguente soppressione dei due conventi di Ovada: quello Domenicano e quello Cappuccino. Nel convento domenicano viene alloggiato il comando della Gendarmeria francese. In questo clima, nel 1801, sottovoce e senza alcuna cerimonia ufficiale, viene consacrata ed aperta al culto la nuova chiesa parrocchiale, che viene dedicata all' Assunta.
Caduto Napoleone, il borgo seguì le vicende del Ducato di Genova, e con esso fu aggregato agli Stati del Re di Sardegna. E questa è già storia moderna e storia d'Italia.
Ritornano i Padri Cappuccini; al posto dei Domenicani, invece, arrivano in Ovada i Padri Scolopi. Gli Ovadesi saranno, come tanti altri, in prima fila sia nelle battaglie risorgimentali che nell' azione di unificazione nazionale. Molti di essi, che già avevano combattuto nelle file napoleoniche, parteciperanno attivamente a questa epopea e tra di essi vogliamo annoverare, per tutti, Bartolomeo Marchelli, che partecipò alla Spedizione dei Mille con Garibaldi e che ha lasciato un diario in cui descrive questa missione attimo per attimo.
Al Risorgimento, Ovada diede i suoi figli come tutte le città italiane che aspiravano all'unità; situata in Piemonte, diede asilo agli esuli ed ai fuorusciti che da altre zone d'Italia, ancora oppresse, fuggivano per accorrere in Piemonte ad ingrossare le schiere di quei patrioti che formarono l'unità della Patria. Offrì il suo olocausto di caduti e di combattenti in Crimea e in tutte le guerre del Risorgimento.
E' questo il periodo degli ovadesi illustri, tra cui citiamo Gian Domenico Buffa, ministro al Parlamento Subalpino; Francesco Gilardini, deputato, amico di Cavour e segretario del Ministro Rattazzi; Giacomo Costa, che fu Ministro Guardasigilli nel 1890; ed assieme ad essi altri illustri letterati, scrittori, pittori e musicisti.
In questo periodo vengono intensificate le coltivazioni collinari, con un grande incremento della produzione vitivinicola e l' incremento dei commerci viene favorito dalla costruzione della strada che collega Ovada con Genova, il cui progetto era stato redatto ai tempi napoleonici. L'alba del XX secolo vede Ovada come una delle più attive ed industriose cittadine della Provincia. Verso il 1860 fu dato corso alla demolizione del vecchio castello che erasi ridotto a due torri smantellate e qualche rudere, ed ai lavori di sterramento della collinetta sùlla quale il castello sorgeva. Con il materiale di sterro ricavato si costruì poi, su progetto dell'Ing. Michele Oddini, la prima circonvallazione sullo Stura che oggi porta il nome del suo progettista, e parte dell'altra, oggi intitolata a Mazzini. Sul grande spiazzo ricavato dalla demolizione e dallo sterramento, sorge oggi la bella Piazza Castello.
Negli ultimi decenni del secolo furono costruite le due ferrovie di Genova - Asti e Ovada - Alessandria, nonché la Tramvia di collegamento con Novi Ligure. Queste vie di comunicazione, diedero un incremento notevolissimo al commercio, agli scambi ed alla prosperità della Città. Sorsero diversi stabilimenti per la filatura della seta (oggi spariti) che diedero lavoro e benessere a tutta la popolazione.
Il primo conflitto mondiale colpirà duramente la città, con un altissimo tributo di vite di cittadini ovadesi, ma negli anni seguenti la vita sociale e commerciale della cittadina riprenderà a fiorire, con il moltiplicarsi delle piccole e medie attività industriali.

Nel 1935 un incendio distrugge la chiesa della Beata Vergine della Concezione, costruita nel 1631 a seguito del voto degli Ovadesi in occasione della terribile pestilenza di quel periodo; la chiesa verrà presto ricostruita e poi ancora ampliata negli anni '70.
Sempre nel 1935 avviene il crollo della diga di Ortiglieto di Molare, che provoca un' ondata di piena sul torrente Orba che rade al suolo l' intero borgo oltre Orba di Ovada e causa decine di morti e dispersi, unitamente a rilevantissimi danni e distruzioni.

Il secondo conflitto mondiale vede Ovada sottoposta all' occupazione delle truppe germaniche, alle loro rappresaglie ed ai bombardamenti alleati. La Liberazione, la ritirata degli invasori e la fine del conflitto consegnano alla storia una città in ginocchio e provatissima ma che non tarda a rimboccarsi le maniche per un'opera di ricostruzione e di rinascita che la porterà nel giro di qualche decennio a riprendere il posto che le spetta tra le più attive cittadine della regione. Le industrie risorgono, le attività economiche prendono nuovo vigore. Viene fondato, per espresso volere dell' allora Parroco, Mons. Fiorello Cavanna, il Centro di Formazione Professionale, espressamente voluto per poter dare ai tanti giovani, allora senza prospettive, sicuri orizzonti di lavoro e di occupazione.
Gli anni del benessere vedono Ovada in continua espansione territoriale, con un incremento demografico notevolissimo e con la costruzione di case, fabbricati, palazzi, nuove strade, nuove zone industriali, nuovi istituti scolastici ed una rete commerciale capillare ed efficientissima.
Verso la fine degli anni '70 viene aperto il nuovo casello autostradale sull' Autostrada A26, che completa il quadro delle vie di comunicazione rapida con il resto dell' Italia e fa di Ovada un centro commerciale notevolissimo e trafficatissimo.
Dalla seconda metà degli anni '80 ad oggi la vita sociale ed economica di Ovada si è abbastanza stabilizzata; nel contempo tutta la zona collinare circostante ha visto una rivalorizzazione sotto il punto di vista turistico e sempre più numerose sono le antiche ville e le vecchie cascine che vengono adibite a casa per le vacanze da parte di famiglie e persone che trovano in questa cittadina il posto ideale per trascorrere vacanze in tranquillità.
Ovada attualmente è una cittadina tranquilla, dedita al piccolo artigianato, con discrete attività industriali e forte vocazione turistica. Memore del suo passato plurisecolare genovese, mantiene nel suo centro storico le caratteristiche degli antichi borghi liguri, di cui conserva i gli stretti carruggi e le alte case multicolori. I suoi monumenti ricordano una storia travagliata, come quella di altri innumerevoli borghi ad essa simili, ma vissuta con la fierezza e la dignità proprie di quelle città che la storia l'hanno voluta vivere e non subire.

(Testo tratto dagli scritti di Gino e Federico Borsari) - pubblicato su www.ovada.net

 


 

 

 

 

 

 

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